Note dell’autore e regia

Il cielo è cosa nostra

“Il Cielo è cosa nostra” racconta le losche attività post-mortem dei tre fondatori delle mafie: Osso, Mastrosso e Carcagnosso, e dei loro altrettanto mostruosi avversari.

Mettere in scena il male comporta spesso dei rischi. Ciò che volevo evitare era rendere il male una cosa distante dallo spettatore che, rassicurato dall’ “altro da sé”, dal non essere chiamato in causa direttamente, avrebbe potuto limitarsi a giudicare. Sarebbe stata una scrittura più comoda.

Abbiamo quindi scelto un’altra strada.

Da bambino, nel buio, c’era un mostro che mi terrorizzava e mi costringeva immobile sotto le coperte. Dopo un pò mi facevo coraggio e raggiungevo l’interruttore. La luce mi faceva scoprire che il mostro era una semplice ombra. Poi però per tornare a dormire dovevo spegnere la lampadina e insieme al buio tornava la paura…

La luce che oggi ho voluto accendere sulla scena è quell’interruttore schiacciato dal bambino, una luce che oggi Illumina questi personaggi diabolici nel loro quotidiano, con i loro vizi, i loro capricci, la loro “normalità”, pur restando mostruosi. E, volontariamente o meno, comici. Come tutti gli uomini.

“Il Cielo è cosa nostra” è una rappresentazione del male sotto la forma della commedia nera e surreale che  veicola un messaggio forte e definito di avversione alla mafia, ma sfrutta i binari veloci dell’ironia.

Per far questo, il lavoro con gli attori ha richiesto da parte di tutti un particolare impegno.

Sono molto esigente e chiedo loro la cosa più difficile: la libertà.

Siamo partiti dalle improvvisazioni per arrivare al testo. A quel punto gli attori avevano già la carne dei personaggi. Bisognava solo vestirli con le battute che loro stessi hanno riscritto interpretandole.

Questo spettacolo è la traduzione di un immaginario che la nostra generazione si porta dietro, mescolato con un ritmo sostenuto e toni grotteschi. Il risultato è che Vito Corleone può ritrovarsi a sostenere il provino per il film “Amarcord”, ad esempio.

Nel testo non vi sono giudizi dall’alto.  La bussola drammaturgica è stata la frase di Giovanni Falcone:

“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.”

Per il resto, abbiamo giocato dall’inizio alla fine.